Distrofia Muscolare Facio-Scapolo-Omerale
La Patologia
Patologia FSHD e conseguenze
La Distrofia Muscolare Facio-Scapolo-Omerale è una malattia rara, progressiva e invalidante, attualmente senza una cura, che vede l’individuo perdere con l’età la propria autonomia motoria: oltre il 20% dei pazienti perde la capacità deambulatoria e può presentare compromissione dei muscoli respiratori, ma anche gli individui affetti da forme meno aggressive devono fronteggiare la progressiva riduzione dell’autonomia, il dolore, la fatica e l’isolamento sociale, incontrando difficoltà nell’adempiere alla loro attività lavorativa e nell’esercizio delle comuni attività della vita quotidiana. La “rarità” della malattia è solo nella definizione in quanto in realtà ne sono coinvolte migliaia di persone in Italia. Infatti la FSHD è la seconda più frequente forma di miopatia genetica dell’età adulta (dopo la Distrofia Miotonica), ha una prevalenza di circa 6-7/100000 e si trasmette con modalità di tipo autosomico dominante.
Le specifiche peculiarità della FSHD, che la distinguono dalle numerose altre forme di Distrofia Muscolare, hanno recentemente determinato, in un numero crescente di Paesi (dagli Usa all’Australia, dalla Francia all’Olanda, ed anche in Italia), la nascita di Associazioni di pazienti FSHD con l’obiettivo di focalizzare l’attenzione sulle necessità assistenziali specifiche e di dare un decisivo impulso alla ricerca scientifica finalizzata alla realizzazione di trials terapeutici per la FSHD.
Il meccanismo genetico è peculiare ed unico tra le malattie genetiche
La FSHD è una malattia genetica il cui gene è stato mappato nella regione subtelomerica del braccio lungo del cromosoma 4 (4qter) e vi è oggi accordo nel ritenere che la malattia sia causata da meccanismi cosiddetti “epigenetici”, ovvero non dalla carenza di una proteina (come nella maggior parte delle altre forme di Distrofia Muscolare) ma da alterazioni di conformazione della cromatina nella regione 4qter che indurrebbe l’attivazione inappropriata di un gene, DUX4, comunemente silenziato nella corso della vita post-embrionale. L’attivazione di tale gene eserciterebbe un effetto tossico sulle cellule muscolari. Tale meccanismo “tossico”, ampiamente studiato in cellule coltivate “in vitro”, manca tuttavia, al momento, di una definitiva validazione come causa della progressiva degenerazione muscolare nei pazienti affetti da FSHD. Lo studio dei meccanismi patogenetici della FSHD è reso più difficile dal fatto che non sono disponibili modelli sperimentali animali sicuramente riconducibili a questa malattia in quanto la regione cromosomica responsabile è presente unicamente nei primati. Pertanto, al momento, l’unico modello attendibile di malattia è quello umano.
Il modello clinico
Caratteristica peculiare della FSHD, che la distingue da altre forme di Distrofia Muscolare, è quella di svilupparsi nel tempo coinvolgendo gruppi muscolari precedentemente sani e capaci di prestazioni elevate (non pochi pazienti hanno una storia di eccellenza in varie discipline atletiche). Con l’eccezione delle forme infantili, spesso molto gravi, la FSHD esordisce generalmente nella seconda decade di vita, con interessamento dei muscoli faciali e scapolari e successiva diffusione ai muscoli cingolari, addominali, assiali e degli arti inferiori. Il grado di compromissione muscolare varia dall’uno all’altro distretto e da paziente a paziente, anche nell’ambito di una stessa famiglia. La rapidità con cui la malattia evolverà in un singolo individuo affetto è del tutto imprevedibile, potendosi osservare lunghi periodi di apparente stazionarietà intervallati da improvvisi e rapidi episodi di ripresa della malattia generalmente localizzati in distretti muscolari circoscritti. Le conseguenze di questa modalità di progressione sono estremamente variabili da un individuo all’altro e soprattutto ciascun paziente si vede continuamente costretto a dover modificare i propri compensi posturali. Quasi tutti i pazienti necessitano di ausili, anche respiratori, che spesso devono essere personalizzati ed estremamente comuni sono le complicanze ortopediche (spesso dominate da sintomatologia dolorosa) secondarie ai deficit muscolari (a livello della spalla, della colonna, dell’anca, del ginocchio) che sono parte integrante e significativa del quadro clinico. Il sovrappeso conseguente alla progressiva restrizione dell’attività fisica rappresenta una complicazione estremamente frequente. Frequenti sono anche lo sviluppo di una depressione reattiva alla progressiva perdita di autonomia motoria nonché difficoltà nell’accettazione della diagnosi per sé o per i propri figli. L’ipoacusia neurosensoriale e una retinopatia spesso subclinica possono essere del quadro clinico.
Le persone adulte con patologie rare sono caratterizzate da un notevole livello di complessità clinico-assistenziale legato sia alla gestione della condizione di cronicità che alla multidimensionalità delle problematiche cliniche, sociali, funzionali, psicologiche cognitive, che comporta il necessario contributo di numerosi specialisti medici e non medici. Queste condizioni rendono il paziente con malattia rara simile, come approccio e gestione, al paziente anziano, con il quale l’adulto con malattia rara condivide sia la condizione di “fragilità”, vale a dire la predisposizione allo sviluppo di eventi negativi, sia l’impatto sociale e familiare, in quanto le necessità assistenziali di entrambi (adulti con malattie rare e anziani) condizionano spesso in modo importante le scelte di vita ed economiche, le relazioni sociali ed interpersonali dei familiari sani.
Negli ultimi anni, la Risonanza Magnetica (RM) muscolare ha mostrato una maggiore sensibilità rispetto a ogni test o esame clinico nella definizione della distribuzione topografica, della tipologia e del grado di interessamento di ogni singolo muscolo così come, in studi longitudinali, nella definizione di criteri specifici di attività e di progressione della malattia nell’uomo, che rappresenta al momento l’unico modello attendibile della malattia.
Recenti studi basati sull’utilizzo della Risonanza Magnetica hanno dimostrato che i muscoli vengono coinvolti in modo sequenziale e generalmente asimmetrico nel corso della vita, causando un progressivo aumento di carico lesionale. In ciascun paziente coesistono muscoli non colpiti dalla malattia e muscoli affetti con vario grado di sostituzione del tessuto muscolare con tessuto fibroadiposo. Inoltre, da un esame di RM muscolare è possibile ricavare un’informazione definita sia sulla severità della compromissione clinica, sia sulla “fase” di malattia (in fase di attiva progressione o in fase di stazionarietà), dati che hanno un impatto sugli obiettivi del trattamento riabilitativo e possono essere rilevanti nulla scelta degli individui da includere nei trials clinici.